Klem
D'Avino
La mia
strada aveva l'orizzonte come limite
Raccolta di poesie
In passato mi era capitato di analizzare le mie scelte, i miei errori.
Analizzati, ma non affrontati con la giusta determinazione. Riflettere
sulle cose solo dopo che fossero accadute è sempre stato il mio più
grosso limite. Lungimiranza zero e troppi patemi d’animo per risolvere
situazioni spesso compromesse per essere risolte; questa è più o meno la
sintesi della mia vita… L’errore più increscioso è stato quello che mi
ha portato a vivere un periodo in prigione. Di questa situazione posso
soltanto dire (e mi va di dire) che mi sono trovato nel posto sbagliato,
al momento sbagliato, con le persone sbagliate. Tutto il resto è stata
una conseguenza dell’errore iniziale.
Non riesco ancora a rendermi conto come sia riuscito a superare quel
periodo senza impazzire del tutto. Se non fosse stato per la mia
famiglia e per Dio, che ha avuto pietà di me, non so come avrei fatto.
Ero diventato l’ombra di me stesso. La gente mi guardava e si accorgeva
del mio cambiamento esteriore con una certa facilità, poiché perdevo
peso a vista d’occhio, ma non avrebbe mai sospettato che vulcano di
emozioni esistesse dentro di me.
Stavo impazzendo!
Una notte mi sono svegliato da una situazione di sonnambulismo e il caso
ha voluto che aprissi gli occhi. Avendo lo specchio di fronte non ho
visto il mio volto, bensì quello che avrei potuto avere dopo il mio
decesso. Forse non sarà biologicamente corretto da asserire, ma era come
se io fossi morto nonostante le facoltà fisiche e psichiche fossero
attive.
Di quel periodo angoscioso potrei raccontare mille aneddoti (la cifra
non è un’iperbole) ma non farei altro che tediarvi e tediare me stesso
con quei tristi ricordi. Quindi vi narrerò soltanto quello che
indirettamente ha fatto sì che la mia vita mutasse in positivo.
Mia sorella conobbe una persona dotata di grande ipersensibilità
sensoriale. Costei, non conoscendo quasi nulla di lei e non sapendo
assolutamente niente della composizione del suo nucleo familiare, le
disse che stava vivendo un momento di forte stress, anche a causa delle
mie sventure. Asserì che conosceva il rimedio per aiutare sia mia
sorella che me, poiché in una visione, Sant’Agostino le aveva detto di
riferirmi di continuare a scrivere. Non vi dico lo stupore di mia
sorella. Non sapeva se credere o no a quella gentilissima donna che
(gratuitamente) le aveva dato quel suggerimento. Non sapeva neppure che
io avevo cominciato a mettere su carta le mie sensazioni, trovandone un
grande giovamento.
Tutto era cominciato in un afoso pomeriggio di luglio nel carcere di
Monza. Ero sdraiato sulla branda e persino il materasso di spugna era
umido di sudore ed emanava puzzo e calore. Sulla parete di fronte c’era
una stampa che ritraeva un mare in tempesta. Sarà stata la rifrazione
termica o chissà cosa, ma le onde mi sembravano che incominciassero a
muoversi e seguissero il vento; e soltanto la follia poté farmi credere
di sentire il profumo del mare nell’umida terra di Brianza. Ebbi una
visione così reale che mi alzai e andai a toccare il vecchio e sbiadito
disegno. Ma era solo carta. E tutto quello che avevo visto, che avevo
provato: le onde che si muovevano e il profumo di salsedine, era
avvenuto nella mia testa.
Pensai fosse ingiusto dimenticare quella intensa esperienza; e provai
dispiacere al pensiero che un giorno non avessi più ricordato. Decisi
dunque di scrivere qualcosa, ma non sapevo da dove cominciare. Ad un
tratto guardai verso le sbarre di ferro della finestra e immaginai di
potermi frammentare in tanti piccolissimi pezzi per poter volare via e
seguire il leggero vento. Fu così che appoggiai la penna sul foglio e
scrissi: Figli del vento.
Fu la mia salvezza! Nonostante non sia un letterato e non sarò mai un
grande scrittore, incominciai a scrivere in modo febbrile.
Più, scrivendo, affrontavo le sensazioni che mi affliggevano e più
riuscivo a combatterle e a considerarle un’enorme energia da convogliare
e trasformare in forza vitale.
Tutto il resto fu una lunga attesa prima di ritornare a vivere la mia
vita. In tutto ciò ho perso cose e persone che non avrò più, per questo
mi rimane una grande amarezza e una delusione che difficilmente riuscirò
a superare.
In copertina opera di Salvatore Boccia
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