Mi chiamo Sergio Belfiore,
sono nato a Catania, abito a Formello (grazioso paesino a
nord di Roma), ho superato da un po’ i quarantacinque anni,
sono sposato e ho tre figli piccolini.
Due maschi ed una femmina.
La femmina si chiama Rebecca ed ha due anni e mezzo.
La mattina la sveglio, la prendo in braccio, la vesto e
l’accompagno all’asilo. Lei mi guarda, i suoi occhi nocciola
sorridono, e mi dice “mio papà!”.
Ed io so che la giornata comincia bene.
Lavoro in banca, sono direttore di un’agenzia e, nel tempo
libero che purtroppo non esiste dovendomi destreggiare fra
moglie, figli, clienti, colleghi, fidi e gestioni
patrimoniali, ho provato a scrivere qualcosa. Leggo molto,
soprattutto romanzi e libri di storia, almeno una trentina
all’anno. Non è difficile, basta semplicemente abolire la
televisione, e mi sono accorto che ci si guadagna molto. E
il bello è che se ne sono accorti pure i miei figli: la sera
preferiscono farsi leggere Harry Potter o le avventure di
Ulisse (o i tre porcellini, dipende da quale figlio è)
piuttosto che guardare i cartoni animati.
Comunque sia ho scritto un libro.
In verità ho scritto anche altro: racconti brevi, articoli
di giornale (giornali secondari o terziari), cronache
sindacali e di partito, ma mai nulla di importante. Questo
libro invece è importante, per me solo ovviamente, perché mi
è costato fatica e tempo (quasi tre anni), e spero che il
risultato sia apprezzabile.
È una storia ambientata negli anni che vanno dal 1940 al
1943, la storia di un ragazzo siciliano la cui spensierata
giovinezza sarà travolta dalla guerra di Russia e
dall’orrore che qualunque guerra porta inevitabilmente con
sé.
Mi rendo conto che quello che ho scritto non ha certo l’aria
di un best seller, in fondo il neorealismo risale a decenni
addietro e scrivere oggi una vicenda ambientata nella
seconda guerra mondiale sconfina nell’anacronismo, ma è una
storia che mi è nata dentro, poco per volta, che ho scritto
e riscritto decine di volte e che alla fine mi è piaciuta.
È piaciuta anche ai miei amici, almeno così hanno detto.
Altrimenti che amici sarebbero?
Ed è piaciuta a Vera Ambra che l'ha pubblicata!
Sergio Belfiore
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